Republic Fleet Assembly Plant – Teonusude III
Balaustra dell’alloggio del capitano
«Un ISK per i tuoi pensieri, capitano.» mi dice una voce alle spalle.
Non mi volto. Non mi serve farlo per capire chi mi ha raggiunto sulla balaustra.
E’ Rika Kavendish, la comunicazionista di bordo.
Annuisco. Lentamente.
Non riesco a fare a meno di fissare la Thaj’Ara, di fronte a me, fluttuare silensiosa nell’immenso hangar di questa stazione.
Passo in rassegna le informazioni mostrate sulla console poco distante, dal classico colore rancione su sfondo marrone. Tipico Minmatar.
«Non valgono così tanto, Rika.» le rispondo.
Lei mi si avvicina, silensiosa.
Appoggia la mani sulla console, come a verificare che tutto sia in ordine.
Quindi si volta e mi guarda.
Con la coda dell’occhio riesco a scorgere la sua chioma bionda ed il suo mento leggermente pronunciato.
Alza lo sguardo, in direzione della Thaj’Ara.
«E’ stata una buona nave.» commenta.
«Lo è ancora.» le rispondo laconico. Non so perchè ma mi sento a pezzi. Svuotato.
Rika sfiora la console, seguendone i lineamenti con le dita. «Ne sono certa.» mi risponde.
Mi volto, di scatto, appoggiandomi con la schiena alla balaustra.
I veloci treni a levitazione, sotto di noi, fanno arrivare solo una minima parte del rumore che producono, vista l’altezza, variando il sottofondo e facendo sembrare tutto più ovattato.
«Ha servito bene.» dico.
«Già.» mi risponde lei annuendo.
Sappiamo entrambi di essere tristi.
La Thaj’Ara è stata la nostra compagna di viaggio per molto, molto tempo.
Ed ora è come se non avessi più il coraggio di guardarla.
«Ci eravamo abituati a lei.» mi dice «Ora sarà di nuovo tutto diverso.»
«Lo so.» annuisco «Lo so. E mi domando.» le dico «Se questa non sia stata una decisione avventata.»
Rika mi guarda, perplessa.
«Da quanto rimugini su questa decisione, capitano?» mi chiede «Quando? Cinque? Sei settimane?»
Annuisco.
«Se non sbaglio dal tuo primo reportage come reporter, non è così?»
Annuisco di nuovo.
«Beh.» mi dice voltandosi ed adagiandosi con la schiena sulla balaustra, imitando la mia posizione «Non la definirei una decisione avventata.»
«Già.» le dico laconico.
Non so cosa dirle.
So che ha ragione. Eppure mi ci ero affezionato.
«Sei il capsulato più strano che io conosca, capitano.»
Trasalisco.
Mi volto a fissarla.
«Andiamo.» mi dice «Ammetterai che sei strano.»
La fisso.
Sinceramente non capisco a cosa si riferisca.
Lei alza le mani, divertita.
«Sei un capsulato, capitano.» mi dice «Hai l’universo nelle tue mani e ti preoccupi per una nave?»
«La Thaj’Ara è.» dico ma Rika mi interrompe.
«La Thaj’Ara è una nave. Stop. Basta. Finito.» mi dice incalzando «E’ un ammasso di metallo e lega, la cui anima vitale è rappresentata da un un’infinita di sistemi che comunicano fra loro grazie a computer privi di qualunque umanità.»
«Una fredda descrizione.» le rispondo.
«Ma corrisponde alla verità.» incalza Rika «Andiamo, è una macchina.»
«E’ stata la nostra casa per tanto, tanto tempo.»
«No.» mi risponde secca «Non è vero. E’ lo sai.»
La guardo, silenzioso.
«Casa tua è sulla Caldari Steel Factory. Su Inaro X. Ricordi?»
«E’ vero ma.» ma non riesco a finire la frase. Di nuovo.
«Ma cosa, capitano?» mi risponde Rika «La Thaj’Ara, questa nave è solo uno strumento. Un mezzo.» aggiunge «Per raggiungere un fine.»
Annuisco, silenzioso.
«Noi tutti, qui, abbiamo abbracciato quel fine. Il tuo fine.» mi dice «Esplorare New Eden. Non è così?»
Annuisco di nuovo.
E mi volto verso la balaustra.
La Thaj’Ara si sta abbassando verso l’enorme piattaforma sottostante.
Il decommissionamento ha avuto inizio.
«Sì.» le rispondo laconico.
«E allora sii felice.» mi dice «La Thaj’Ara non andrà distrutta, se ti può far felice. L’acquirente la userà per i suoi scopi che non includono, sicuramente, il reprocessing.»
«Che posso dirti, Rika.» le dico «La cosa mi rende malinconico.»
Con gli occhi seguo ancora la Thaj’Ara.
I suoi motori principali sono stati disattivati e i minuscoli ugelli d’ormeggio sono stati spenti.
Piccole navicelle d’appoggio la stanno trainando, con cordoni ombelicali metallici, verso gli hangar inferiori.
Quelli adibiti alla vendita merci e allo stoccaggio delle navi in transazione.
Rika scuote il capo.
E mi si avvicina.
«Sono alla ricerca dell’inesplorato che c’è attorno a me e in me.» mi dice «Parole tue, ricordi?»
La fisso. Di nuovo.
«Lo ricordo.»
Mi si avvicina ancora.
«E allora saluta la Thaj’Ara come merita, se lo credi.» mi dice «Ma abbraccia la nuova nave con tutta la linfa vitale che hai.»
Non riesco a staccare gli occhi dalla mia nave, ora parzialmente nascosta all’interno di uno degli hangar sottostanti.
Rika mi bacia la guancia. «Mi raccomando, capitano.» mi dice poi «Noi siamo con te.»
Si allontana, lentamente.
Ma, voltandomi, riesco ancora ad afferrarle un polso.
«Rika.» le dico, fissandola.
I suoi occhi mi mostrano tutto l’affetto possibile.
I miei, invece, sono carichi di malinconia.
«Grazie.» le dico.
Rika sorride ed annuisce.
«Noi saremo a bordo, quando lo vorrai, sulla nuova nave.» mi dice.
La guardo andare via.
E resto da solo.
A fissare il vuoto.
Una spia luminosa si illumina sulla console ancorata alla balaustra.
Mi avvicino e scorro un dito sul touchscreen.
«Capitano Aih’Haken.» gracchia una voce attraverso l’intercom «La sua nuova nave è pronta ad essere trasportata sulla piattaforma di attracco.»
Guardo l’immenso hangar vuoto.
Mi sento oppresso da tale vista, come se la mia mente fosse in preda ad un horror vacui.
«Capitano Aih’Haken.» incalza la voce «Attendo una sua conferma.»
Inspiro.
Lentamente.
Poi chiudo gli occhi.
E saluto, un’ultima volta, la Thaj’Ara, ormai lontana.
«Capitano Aih’Haken.» dice la voce gracchiante. «Mi riceve?»
«Sì.» rispondo poi secco.
Con tono risoluto.
Mi rendo conto che le parole di Rika hanno avuto effetto.
«La sua Manticore è pronta ad essere trasportata sulla piattaforma.»
Mi guardo attorno.
E sorrido.
Sono soddisfatto.
«Proceda.» rispondo «Seguirò da qui le operazioni di trasporto.»
«Molto bene.» mi risponde la voce attraverso l’intercom «Iniziamo la procedura.»
Inspiro.
Di nuovo.
E resto in attesa di veder spuntare la mia nuova nave dagli hangar inferiori, pronta ad essere trasportata sulla piattaforma di attracco.
Ed è in questo momento che comprendo appieno le parole di Rika.
Sono un capsulato.
Ho l’universo nelle mie mani.
E, diavolo, sì, l’universo mi appartiene.
Ed è mio da esplorare.